Monologo maschile - David Harbour in \"Gran Turismo\"

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~ LA REDAZIONE DI RC

Introduzione al monologo

Eccoci davanti a uno dei monologhi più intensi di Gran Turismo – La storia di un sogno impossibile. È il momento in cui Jack Salter (interpretato da David Harbour) rivela finalmente il trauma che ha messo fine alla sua carriera da pilota. Un momento carico di umanità e vulnerabilità, che dà profondità emotiva non solo al personaggio di Jack, ma anche all’intera posta in gioco del film. 

Cosa è successo a Le Mans

MINUTAGGIO: 1:31:00-1:33:48

RUOLO: Jack Salter

ATTORE: David Harbour

DOVE: Netflix

INGLESE

You had asked me what happened at Le Mans. I was in a wreck. It was a beautiful day. It was getting late in that first day, and I was coming out of the Tertre Rouge corner. I was coming up on a Ford. As I passed him, I saw his car twitch. It was like a shiver. And then he lost control. Car flipped three times before it hit the barrier. Caught on fire like that. Medics came, pulled me out. My gloves were on fire, but everything else– not a scratch. That Ford was in a thousand pieces. Tony, the driver, he died on the way to the hospital. They said it wasn’t my fault. I never got behind the wheel of a race car ever again. I lost my nerve. More than that, I lost the chance to find out how good I could’ve been. I quit. And I’ve had to live with that my whole life. You want to walk away, nobody would blame you. Most people would. I got a feeling you’re not most people. I think you could be the best. But if you want to prove it, if you want to be a driver, then you got to get back on that track, and you got to do it right now, because if you don’t, you never will. That crash is not gonna define who you are. But how you respond to it will. Finish your lap.

ITALIANO

Mi hai chiesto cosa è successo a Le Mans. Ho avuto un incidente. Era una giornata bellissima, stavamo arrivando alla fine del primo giorno, e io stavo uscendo dalla curva Tertre Rouge. Mi stavo avvicinando a una Ford. Mentre la superavo ho visto l’auto fare uno scatto. E’ stato come un brivido. Poi il pilota ha perso il controllo. L’auto si è ribaltata tre volte e ha colpito la barriera. Ha preso fuoco, sono arrivati i soccorsi, mi hanno tirato fuori. Avevo i guanti in fiamme, ma tutto il resto neanche un graffio. Ma la Ford si è disintegrata. Tony il pilota è morto durante il trasporto in ospedale. Hanno detto che non era stata colpa mia. Non mi sono mai più seduto dietro il volante di un’auto da corsa. Ho perso il coraggio, e la possibilità di scoprire quanto sarei potuto diventare bravo. Ho mollato. E convivo con questo da tutta la vita. Se te ne vuoi andare, nessuno ti biasimerà. In tanti lo farebbero. Ma io sento che tu non sei uno dei tanti. Credo che potresti essere il migliore. Ma se vuoi dimostrarlo, se vuoi fare il pilota, devi tornare al volante, e subito, perché se non lo fai, non lo farai mai più. Quell’incidente non definirà chi sei, ma il modo in cui reagirai, si. Finisci il tuo giro.

Gran Turismo

Gran Turismo – La storia di un sogno impossibile” è uno di quei film che, almeno sulla carta, sembrano nati per essere una pubblicità mascherata. Invece, si rivela un prodotto ibrido interessante: da un lato un biopic sportivo, dall’altro un film d’iniziazione, con tutti i cliché del caso, ma girato con il gusto per l’azione tipico di Neill Blomkamp. Partiamo da una panoramica approfondita seguendo i punti che mi hai proposto: Il film racconta la storia vera di Jann Mardenborough, un ragazzo britannico cresciuto giocando al simulatore Gran Turismo su PlayStation. Non è solo un appassionato: è un talento. Tanto che finisce per partecipare a un progetto audace e all’apparenza assurdo: la GT Academy, creata da Nissan e PlayStation con l’obiettivo di trasformare i migliori giocatori del videogioco in veri piloti da corsa.

Nel corso del film seguiamo l’evoluzione di Jann, da adolescente che lavora in un negozio e litiga col padre ex calciatore (interpretato da Djimon Hounsou), fino a diventare un pilota professionista e a correre nella 24 Ore di Le Mans. Il tono è quello del classico sport movie con un chiaro arco di trasformazione: il ragazzo sognatore, sottovalutato, che si ritrova in un mondo altamente competitivo e cinico, dovendo guadagnarsi ogni singolo metro di pista. La parte più forte è quella centrale, con l’addestramento e le tensioni interne alla GT Academy, dove spicca il personaggio di Jack Salter (David Harbour), ex pilota disilluso che diventa mentore di Jann. Il climax narrativo arriva con l’incidente al Nürburgring: qui il film cambia registro, diventando più cupo, toccando il tema della responsabilità morale, del trauma e della paura. È un passaggio fondamentale perché ridimensiona il sogno e lo rende concreto: Jann non è un supereroe. È un ragazzo che deve fare i conti con le conseguenze del suo sogno.

Analisi Monologo

“Mi hai chiesto cosa è successo a Le Mans. Ho avuto un incidente. Era una giornata bellissima...” Jack inizia come se stesse semplicemente rispondendo a una domanda, ma subito dopo il tono cambia. La precisione con cui descrive la scena – il momento della curva, la Ford che “fa uno scatto”, il “brivido” – rende la narrazione vivida e fisica. Non ci sono frasi drammatiche o retoriche, ma proprio per questo il dolore risulta autentico. “Avevo i guanti in fiamme, ma tutto il resto neanche un graffio.” Qui la tragedia si rovescia: Jack sopravvive, quasi illeso, ma Tony muore. Ed è proprio questo a schiacciarlo. Il trauma non è solo fisico, è psicologico e morale. Jack non viene mai accusato formalmente, ma interiormente si auto-condanna, perché la morte di un compagno, anche se accidentale, lascia un segno impossibile da cancellare.

“Non mi sono mai più seduto dietro il volante di un’auto da corsa. Ho perso il coraggio.” In queste parole c’è tutta la sostanza del personaggio di Jack: un uomo che si è fermato. Non per debolezza, ma per la paura di rivivere quell’attimo. E nel farlo, si è anche privato della possibilità di scoprire chi sarebbe potuto diventare. Questo dettaglio è fondamentale: Jack non parla solo della perdita di un amico, ma della perdita di una parte di sé. “Ho mollato. E convivo con questo da tutta la vita.” Frase breve, secca, che pesa come un macigno. È una confessione che ha il tono di una sentenza. Jack ha imparato a convivere con il rimorso, ma non lo ha mai superato. È importante perché mostra a Jann che lui stesso ha fatto l’errore che ora sta per commettere. Ed è proprio per questo che vuole evitarlo.

“Se te ne vuoi andare, nessuno ti biasimerà. In tanti lo farebbero. Ma io sento che tu non sei uno dei tanti.” Questa è la parte motivazionale, ma non è mai forzata. Jack non spinge Jann a restare per vincere, ma per non lasciarsi definire dalla paura. Gli offre una scelta, lo rispetta. Ma allo stesso tempo gli dà una scadenza: ora o mai più. “Quell’incidente non definirà chi sei, ma il modo in cui reagirai, si.” Una frase che parla a chiunque abbia vissuto un trauma o una battuta d’arresto. L’incidente è un evento, ma la risposta a quell’evento è ciò che costruisce l’identità. Per Jann, come per Jack, correre di nuovo non è solo una prova sportiva, è un atto di scelta esistenziale.

Conclusione

Questo monologo è il cuore di Gran Turismo. Restituisce senso all’intera storia. Mette a nudo la fragilità dell’esperienza umana nel motorsport: non è solo velocità e adrenalina, ma anche rischio, perdita, e soprattutto conseguenze.

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