Recensione di I Fantastici Quattro – Gli inizi (2025): la Marvel torna a farci credere

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Analisi a cura di...

~ LUCA FERDINANDI

La Marvel è tornata? Forse sì. Ma questo film, lo so per certo: l’ho amato alla follia.

Ieri sera sono uscito dalla sala con una sola, chiara, insistentissima sensazione: ci siamo.


Non so ancora se è il ritorno della Marvel dei tempi d’oro, quella di
Iron Man, Cap, la Fase 1, per capirci. Magari è presto per dirlo. Ma I Fantastici Quattro – Gli inizi, questo film qui, mi ha dato tutto quello che chiedevo da tempo a un cinecomic.

E lo dico senza riserve: mi sono emozionato, ho riso, mi sono divertito, e più volte mi sono trovato lì, seduto in silenzio, con un nodo in gola. La forza del film, per me, è loro quattro.Non i poteri. Non gli effetti speciali. Le interazioni. Le battute tra Johnny e Ben. Gli sguardi complici (ma anche feriti) tra Sue e Reed. La dinamica di squadra che si basa su qualcosa che non è il destino, non è la missione spaziale, ma è una vera relazione. E non succede spesso nei cinecomic.

Ognuno dei Fantastici Quattro ha una voce chiara. Nessuno è di contorno. Persino Ben, La Cosa, smette di essere il "mostro triste", ed è qualcosa di più terreno, diretto, tenero. Johnny, invece, è una bella reinvenzione: da latin lover a cuore cosmico, vulnerabile, incantato da Shalla-Bal, un'araldo di Galactus interpretata con stile etereo da Julia Garner.

E poi c’è Reed. Ecco, Pedro Pascal fa una cosa interessante: non ci dà il genio sicuro di sé. Ci dà un uomo impaurito, costantemente sopraffatto dalle conseguenze del proprio pensiero. Un cervello che corre troppo. E, come spesso accade nei drammi familiari (perché questo, in fondo, è un dramma familiare), è proprio la sua razionalità a spezzare gli equilibri. Non è un leader perfetto. È un uomo che sbaglia.

E Sue… beh, Vanessa Kirby è qualcosa di più di una supereroina. Probabilmente porta ancora dentro le cicatrici emotive di “Pieces of a Woman, e qui le trasforma in una madre disposta a spostare cielo e terra, letteralmente. Non c’è una scena in cui sia fuori fuoco. È la spina dorsale del film. La leader vera. E lo è non perché comanda, ma perché tiene insieme tutto, anche quando si rompe.

C'è una scena che non dimenticherò: il parto di Sue mentre scappa nello spazio con l’araldo di Galactus alle calcagna. È assurda, visivamente fuori scala, ma anche profondamente intima. Una di quelle sequenze che solo i migliori cinecomic sanno tirare fuori: più grandi della vita, ma con dentro tutta la vita possibile.

E poi ce ne sono altre. Tante.
Sue che parla al mondo e presenta Franklin.
Reed che si scusa e si perde.


Il confronto notturno tra loro due, con il bambino che piange e una distanza che non ha nulla di cosmico, ma è profondamente umana.


La battaglia finale, coerente, giusta, potente. Dove non ci si salva con un power-up, ma con un’ultima scelta disperata. Sue che spinge via Galactus, e muore. Per davvero. E quando viene riportata in vita da Franklin, non ci sta facendo del fan service. Sta introducendo, a modo suo, una delle creazioni più potenti dell’intero universo Marvel.

I Fantastici Quattro – Gli inizi ha una qualità che molti cinecomic recenti hanno perso: la coerenza interna. Il film sa cosa vuole dire e lo dice, dall’inizio alla fine. Non salta da un tono all’altro. Non forza la battuta. Non cerca la lacrima. Ti accompagna dentro un viaggio, e in quel viaggio ti parla di cosa significa essere genitori, essere fratelli, essere umani in mezzo al caos.

E non si vergogna mai di essere anche spettacolare. La CGI funziona, ma non ruba mai la scena. Anzi: la potenzia. È al servizio del tono, della storia, dei personaggi. Galactus non è una nube (E MENO MALE CHE NON E’ PIU’ UNA NUBE… Chi ha visto “I Fantastici Quattro e Silver Surfer” purtroppo sa di che parlo). È una minaccia concreta, visibile, colossale, ma lo spavento più grande arriva quando la folla chiede di consegnare il bambino, perché lì capisci che il pericolo non è nello spazio. È tra noi.

Andate al cinema! Perché dopo anni di film che sembravano più check-in narrativi che storie vere, questo film ti fa venire voglia di credere di nuovo nei supereroi. Non per i poteri. Ma per quello che ti ricordano: che la fragilità, la lealtà, il senso di appartenenza sono più potenti di qualunque esplosione.

E sì, il primo Teaser di Avatar 3 è pazzesco, e lo vedrete prima della proiezione. Ne parleremo. Ma oggi no.


Oggi lasciamo spazio a Reed, Sue, Johnny e Ben. E Franklin.



Perché, forse per la prima volta dopo tanto tempo, la Marvel non ci ha dato degli dèi. Ci ha dato una famiglia.

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